giovedì 24 marzo 2016

lunedì 7 marzo 2016

Differenze tra il femminismo massonico-socialista e il femminismo cristiano




Differenze tra il femminismo massonico-socialista e il femminismo cristiano

Dagli scritti del Beato Giacomo Alberione.
Punto principale di distacco di queste correnti è la religione: il femminismo socialista, rivoluzionario ecc. si professa aconfessionale e finisce nell’acattolicismo: il femminismo cristiano pone a base d’ogni suo intendimento la sincera professione di fede cattolica. – Il dottor Bolo nel libro La donna e il clero prova queste quattro proposizioni, che qui si possono solo citare: «1. Tutto ciò che di utile od essenziale può reclamare la donna fu fatto o almeno abbozzato dal clero cattolico; 2. La possibilità d’un femminismo esiste solo per la Chiesa; 3. Il femminismo, in quanto ragionevole, non ha di nuovo che il nome; 4. Le sofferenze da cui oggi il femminismo vorrebbe sollevare la donna, dipendono dal disconoscere in teoria, e più nel fatto, le dottrine del Vangelo». Se si lascia a parte il Vangelo la donna ricadrà schiava, strumento di piacere, mezzo di produzione e nulla più. (...)

Ben quindi fu scritto recentemente: donne, occhio ai vostri carnefici, ai vostri peggiori nemici, nemici ipocriti, perché vestiti da agnelli, atteggiati a vostri difensori: sono le femministe che vogliono emanciparvi per opprimervi: che vogliono porvi in alto per gettarvi nell’immondezzaio: occhio al femminismo parolaio: chi promette troppo è o un esaltato, o un mentitore, o un traditore.

Quali dunque i suoi intendimenti? Li riassunse Pio X in queste parole: «Vedete quanto errino coloro che pretendono per la donna l’uguaglianza assoluta con tutti i diritti e le attribuzioni dell’uomo. Ve la immaginate una donna tra i rumori, le agitazioni e le passioni della vita pubblica: una donna [che] s’impone, cospira, si ribella, sale sulle barricate?... Non è questa la missione della donna; sbaglia perciò chi sostiene questo mal inteso femminismo, che vorrebbe correggere l’opera di Dio, come quel meccanico che pretende correggere e riformare il corso degli astri...».

Del resto gli scopi di questo femminismo-utopia vennero dichiarati apertamente dal fior fiore delle sue rappresentanti. A Parigi nel 1900 si radunò il congresso generale a cui intervennero le migliori ed anche i migliori del partito dell’Inghilterra, Germania, Austria, Russia, Italia, Francia, America, ecc. Ecco le dottrine là esposte:

«Il cristianesimo è la più grande rovina storica»; «è necessario abolire il confessionale e qualsiasi istruzione cristiana»; «la figlia in casa sotto i genitori e la sposa legata indissolubilmente ad un uomo sono miserabili schiave, suore laiche, criminalmente istupidite: questa morale, portata a cielo dalla religione nella persona della Vergine, è un assassinio ipocrita, lento, di ogni minuto»; «La massoneria, nemica delle superstizioni e dell’errore, è la naturale avversaria della Chiesa: la donna si ascriva alla loggia, ne prenda lo spirito, lo trasmetta alla famiglia: escludere la donna dalla massoneria significa prolungare l’impero della Chiesa e l’autorità del prete». E per non trascrivere qui tutte le bassezze di pensieri e di linguaggio cui trascesero, dirò solo che fecero voti per la prostituzione, per il divorzio, per l’amor libero, per il diritto dell’adulterio, per la rivoluzione sociale, per la scuola laica, [...], ecc... Come si vede è tutto uno spirito massonico: ed oggi, lo si può scorgere in riviste e circolari, la massoneria mira ad aggiogare al suo carro la donna.

Il massone Levillon nel congresso internazionale, tenuto a Parigi nel 1900 diceva: «Non è davvero una bella cosa che man mano che arriva una generazione nuova, noi abbiamo sempre da ricominciare il medesimo lavoro: non è conveniente che rinnoviamo la tela di Penelope, sempre in opera e sempre disfatta... ma non possiamo giungere a tanto senza l’aiuto delle donne». E tale sentimento espresse pure Nathan quando, nel 1898, espose a Torino il novissimo programma d’azione per i massoni italiani. «È vano sperare nell’assoluta efficacia dell’opera nostra, per quanto intensa, quando non si sappia unirvi l’azione di colei, che, per natura ed attitudini, è per eccellenza educatrice... di quella che dalla culla alla tomba presiede alla famiglia, la governa, l’indirizza a suo talento». E prosegue dicendo che bisogna rimuoverla dalla religiosità, allontanarla dai governatori di sua coscienza, che sono i sacerdoti, accettarla nell’ordine massonico.

Ma si noti: astuzia massonica! siccome la donna aborrirebbe dalla setta, in una riunione tenutasi ultimamente a Roma fu deciso di farvela entrare a tradimento: proponendole la beneficenza laica o neutra, le cui ultime fila sono segretamente maneggiate e regolate dalla massoneria! Ed ecco venir su le istituzioni laiche in favore dei malati, poveri, bambini, fanciulle pericolanti, donne traviate. È l’antico costume del diavolo: contraffare le opere di Dio per tirare a sé seguaci! Non pensò egli persino di imitarne, o meglio, scimmiottarne i miracoli? – Eppure quante buone donne già sono cadute nella rete infame! Forse per pura ingenuità ed ignoranza!

[...] 

[Femminismo cristiano]

[...] la sostanza del femminismo buono è antica quanto il cristianesimo e più ancora, per molta parte. Infatti esso consiste nell’attuare tutte le dottrine della nostra fede in favore della debolezza e della dignità della donna. E discendendo a particolarità possiamo dire che il programma del femminismo buono, benedetto ed esposto da Sua Santità Pio X il 21 aprile 1909, ha due parti: una negativa e l’altra positiva, quanto alla parte negativa questo femminismo si oppone:

1. A togliere sistematicamente e per principio la donna dall’ambiente famigliare [...]: la donna è essenzialmente madre e tale deve restare; madre del corpo per la generazione e dell’anima con l’educazione, se ha creature particolarmente sue: madre del corpo colla carità e beneficenza e madre dell’anima per l’istruzione, se non ha creature determinatamente sue.

2. Alla disgregazione e sfacelo della famiglia, cellula della società: e quindi al divorzio, al libero amore, ad ogni forma di immoralità moderna, ad ogni mezzo di corruzione messa innanzi colla moda libera, col divertimento disonesto, coll’esporsi procace, ecc.

3. A tutto quel movimento femminista, rivoluzionario e socialista che oggi si organizza in ogni parte del mondo. Né oggi può più credersi che tale movimento sia solo una velleità: poiché, iniziato negli Stati Uniti d’America, è passato nell’Inghilterra, in Francia, in Germania ecc.: ed in Italia ci si presenta per mezzo specialmente di due istituti nazionali cioè il Consiglio Nazionale delle donne italiane (creazione di una federazione femminile internazionale) e l’Associazione per la donna. E neppure si può dubitare del loro spirito antireligioso: poiché il primo si vanta bensì di essere apolitico e aconfessionale (art. II), ma in pratica si mostra anticattolico e, per esempio a Roma, nel 1908, emise voto contrario al catechismo nelle scuole elementari; la seconda poi si manifesta chiaramente in tutta la sua attività giacobina, rivoluzionaria, socialista ecc. Ed il numero delle donne, organizzate in questi due istituti, sale in Italia complessivamente alla cifra di 16.000 circa. Né si dica che il socialismo, nella parte che riguarda le donne, abbia perduto il suo prestigio ed ormai non abbia più che scopo economico: poiché, dato e non concesso, che sia morto il socialismo in Italia, non è morta e non morrà così facilmente la massoneria. Ora la massoneria, come si è veduto sopra, tende oggi a far sua la donna, per farne uno strumento di lotta contro le verità della fede, contro la fede, contro i vescovi, contro la religione. Contro questo falso femminismo oggi sorge il femminismo buono.

E venendo alla parte positiva di quest’ultimo, possiamo dire che egli tende specialmente a questi fini:

1. Procurare che la donna compia il massimo bene nella famiglia. Questo è il primo, il più obbligatorio, il più efficace, il più facile lavoro della donna. Per me ho questa persuasione: i nemici della religione e del prete trovano il gusto matto e credono di averci posti in un impiccio inestricabile quando ci dicono che siamo metafisici e mettono in canzonatura san Tommaso e gli scolastici: ma intanto essi cadono nella fossa scavata per altri. Essi non solo sono metafisici, ma dei veri progettisti e fabbricatori d’utopie quando vogliono ad ogni costo e sempre e per sistema far uscire la donna dalla famiglia. Ma ciò è voler mettere le fondamenta al posto del tetto, la cantina sul solaio [...].

La donna come si esprime Dio nella Scrittura, secondo le sue inclinazioni naturali, secondo le sue attitudini, secondo i bisogni della vita quotidiana, in primo luogo come campo delle proprie fatiche ha la famiglia sua. [...] La donna in casa è regina, se sa esserlo e, senza pretenderlo, può dominare il cuore dei suoi cari. – Ed è di qui che essa potrà riuscire, quando lo voglia, ad avere la massima influenza sulla società. [...] Femminismo ben inteso dunque è quello che tende qui: formare delle figlie che siano di fatto e per quasi adozione le piccole madri in virtù ai fratellini: formare delle spose che siano le amiche dell’anima del marito per farla simile a loro nella fede, nella pietà, nella virtù: formare delle madri che siano come la forma in cui si plasmerà cristianamente l’anima dei figli.

[...]

2. Prima e più naturale operosità della donna è quella della famiglia: seconda e quasi complemento della prima è quella oltre le pareti domestiche. E qui la donna può dar mano ad un numero grandissimo di opere femminili. Ella può aiutare la propaganda religiosa, entrando nelle associazioni: Dame di San Vincenzo, Dame della misericordia - Catechismi parrocchiali - Scuole di religione - Congregazioni mariane - Pia unione delle Madri cristiane - Ritiri operai - Protezione della giovane - Santa Infanzia - Propagazione della fede - Leghe pel riposo festivo - Leghe contro la bestemmia, della buona stampa, ecc.

Ella può aiutare l’azione sociale: Patronato e Mutuo soccorso per le operaie - Opera di riabilitazione - [...] Sindacati femminili, ecc.

Ella può intensificare la cultura propria sia riguardo alla religione, sia riguardo a materie sociali, sia riguardo alla parte morale, sia ancora per le cose d’igiene, del governo della casa, ecc. E tutto ciò in scuole di famiglia, in circoli di cultura, in scuole di sociologia, in apposite biblioteche.

Come si vede, il lavoro che si offre alla donna è immenso: e crescerebbe ancora a dismisura se si volessero ricordare i due campi di attività femminile assegnati comunemente alle suore ed alle maestre: campi in cui davvero la donna può farsi, secondo mons. Bonomelli, aiuto al sacerdozio e alla Chiesa nella grande opera della salvezza delle anime.

[...]

Distinto così l’un femminismo dall’altro, non si vede più ragione alcuna per non combattere con ogni zelo il primo e non promuovere d’altra parte il secondo. Combattere il primo è lottare contro la massoneria e lo spirito massonico, che di tutto si vale a danno della Chiesa: e questo è dovere indiscutibile d’un sacerdote; favorire il secondo vuol dire approfittare di uno strumento di bene e assecondare lo spirito della Chiesa.
(Brano tratto da "La donna associata allo zelo sacerdotale", di Don Giacomo Alberione, Edizioni San Paolo)

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venerdì 4 marzo 2016

Ita et nunc





Ita et nunc


 
Come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così anche ora (Gal 4, 29).


Se i Protocolli dei Savi di Sion fossero stati un falso compilato dalla polizia zarista, non si capisce a che scopo Nicola II ne avesse portato con sé una copia a Ekaterinburg, dove fu trucidato con tutta la sua famiglia. Altro indizio di autenticità è il fatto che buona parte del piano in essi descritto si è già realizzato, a cominciare da quella rivoluzione marxista, finanziata e diretta dalle logge ebraiche, che in una prima fase lo detronizzò e in una seconda lo eliminò fisicamente. Non senza motivo un esperto di massoneria, qual era padre Kolbe, li aveva presi molto sul serio. I figli carnali di Abramo, non sopportando che i suoi figli spirituali li abbiano soppiantati nel godimento dei beni messianici, si sono votati ad una lotta senza quartiere contro di loro, fino all’ultimo cristiano. Non potendo certo sterminarli tutti (nonostante i ricorrenti massacri inaugurati nel 1792 e tuttora in corso per mano islamica), hanno pensato bene di pervertirne la fede al fine di condurli inavvertitamente alla loro stessa apostasia e riassorbirli così nella propria incredulità.


Subito dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù – come recita il testo greco, a differenza delle traduzioni edulcorate – si era ritirato sul monte per sottrarsi al rapimento da parte della folla, che aveva deciso di farlo re. Era la volontà umana di mettere Dio, se possibile, a servizio dei propri interessi terreni, rifiutandone in pari tempo l’amore con le connesse esigenze morali. Era la stessa blasfema arroganza dei loro padri che, nel deserto, avevano tentato il Signore: «Visto che ci ha dato da bere facendo sgorgare acqua dalla roccia, facciamoci dare anche da mangiare. Ma il pane non ci basta, vogliamo pure la carne» (cf. Sal 77, 20). Era lo stesso atteggiamento del figlio minore della parabola (cf. Lc 15, 11-32), che sfrutta la relazione filiale per rivendicare una fetta del patrimonio di famiglia, ma al tempo stesso la distrugge nella pretesa stessa di ottenere qualcosa che presuppone la morte del padre: «Io non ti voglio come genitore se non in quanto mi dài l’eredità, con cui potrò vivere come mi pare e piace, come se tu non ci fossi più».


«Se il mio popolo mi ascoltasse, se Israele camminasse per le mie vie! […] Li nutrirei con fiore di frumento, li sazierei con miele di roccia» (Sal 80, 14.17). Anche l’obbedienza del figlio maggiore, esteriore, interessata e astiosa, oltraggia l’amore paterno immolando la relazione filiale sull’ara di un interesse egoistico puramente materiale, così da perdere gli inimmaginabili benefici che la paternità divina tiene in serbo per i suoi piccoli: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» (Lc 15, 31); esattamente le stesse parole che Gesù, esprimendo quella sublime reciprocità alla quale si è degnato di associarci, rivolge al Padre al termine dell’Ultima Cena: «Tutto ciò che è mio è tuo e tutto ciò che è tuo è mio» (Gv 17, 10). È ben più e incomparabilmente meglio di un capretto per far festa con gli amici, ma pure di tutti i piaceri acquistati con i soldi del padre e finiti in una pozza di fango in compagnia dei maiali; è ben più e incomparabilmente meglio di tutte le quaglie del deserto e di qualsiasi delizia gastronomica…


Il benessere della società occidentale, garantito peraltro da ingiustizie accecanti e da interminabili violenze senza nome, ha ridotto molti cristiani di nome in un vero e proprio porcile; quel progresso che proprio la fede in Cristo, mediante l’assunzione di quanto di buono la civiltà umana ha prodotto, ha reso possibile nel corso della nuova èra si è ritorto contro i suoi stessi beneficiari, una volta rifiutato il Padre da cui tutto proviene. Il sintomo più evidente di questa nefasta inversione di rotta è quella disgustosa perversione dei costumi che san Paolo stigmatizza come effetto del mancato riconoscimento di Dio da parte dei pagani (cf. Rm 1, 18-32). Ma la colpa di chi, una volta lavato, è tornato a rotolarsi nel fango è ben più grave: è come un cane che annusa il suo vomito (cf. 2 Pt 2, 22). «Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, rimangono di nuovo in esse invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso» (2 Pt 2, 20-21).


Oggi nessuno dubita che il padre del figliol prodigo sia pronto a riabbracciarlo e a festeggiare nel modo più splendido il suo tanto atteso ritorno: ci viene ripetuto in tutte le salse e ad ogni occasione. Ma bisogna pure che questo benedetto figlio apra una buona volta gli occhi per vedere il fango in cui sguazza e si decida a tornare indietro! Finché non accetta di guardare in faccia la propria realtà e non prende la salutare decisione di allontanarsi dalla deplorevole condizione in cui si è posto da sé (cosa che lui solo può fare, sia pure aiutato dalla grazia), non cambierà mai nulla. Il Padre, certo, lo aspetterà sempre, ma non serve a niente dirgli che tutto va bene, quando di fatto non è così: in questo modo non si fa altro che cacciarlo sempre più nel fango confermandolo nei suoi errori e nei suoi peccati, esattamente secondo l’aberrante concezione luterana.


Come ci insegnano i protagonisti stessi della storia sacra nella sua prima fase, quando il popolo indurisce la cervice, rifiutandosi di ascoltare il Signore che ripetutamente lo richiama e ammonisce, alla misericordia divina non resta altro mezzo che il castigo. Molti arricciano il naso a sentir parlare di un presidente che da tre lustri, nel Paese più esteso del mondo, tiene saldamente le redini del potere con metodi poco democratici – se non moralmente discutibili – che includono l’eliminazione fisica degli oppositori. Non intendiamo certo onorare Machiavelli, ma è sempre la storia sacra (tanto l’antica quanto la nuova) ad insegnarci che il buon Dio è molto meno schifiltoso dei suoi figli e, per certe operazioni, non pretende affatto di trovare strumenti perfetti: per correggere Israele si servì di un Sargon II e di un Nabucodonosor, per impiantare la Chiesa di un Costantino e di un Carlo Magno – senza curarsi di non scandalizzare i benpensanti modernisti…


Certamente il nostro eroe ha bisogno di una più perfetta conversione: la sua Chiesa, pur con tutto lo splendore delle sue tradizioni, non gli trasmette la totalità della verità rivelata né gli garantisce una piena comunione con il Corpo mistico. Ci vorrebbe un gesuita come quelli di una volta, che erano andati in Russia a convertirne la nobiltà per arrivare fino allo zar… magari anche un missionario di un altro ordine, visti i tempi che corrono. Ad ogni modo, una tale conversione tornerebbe utile a tutti: agli Ortodossi russi, che, con la libertà ritrovata, nelle loro smaglianti liturgie rischiano di scivolare in un insidioso culto dell’uomo; ai greco-cattolici ucraini della Crimea e del Donbass, che, dopo neanche trent’anni di tregua, si ritrovano di nuovo a subire la persecuzione; a noi occidentali, che, in questi settant’anni, abbiamo completamente dimenticato che cosa significhi (nell’eventualità di un’altra guerra mondiale, seppure momentaneamente scongiurata) un’occupazione straniera. Perciò, se vogliamo che la punizione del nostro Paese infedele non sia troppo severa e che esso sia liberato al più presto dai diktat legislativi della massoneria giudaica, non c’è necessità più urgente di questa: pregare, pregare e ancora pregare.
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